Conservanti e additivi fanno ormai parte della nostra dieta, senza che quasi ne siamo consapevoli: si tratta spesso di sostanze destinate a far durare più a lungo il cibo che portiamo in tavola, ma questa comodità ha un prezzo che potrebbe essere a carico della nostra salute. Alcuni di questi infatti sono tossici per l’organismo e il grado della loro tossicità non sempre è stato indagato a sufficienza.

Recentemente è balzato alle cronache il caso del conservante E219, presente in molti prodotti di consumo quotidiano, i cui effetti sul sistema immunitario sarebbero molto preoccupanti. Vediamo di che cosa si tratta e come possiamo tutelarci.

E219: se le merendina è immunotossica

Un gruppo di epidemiologi dell’Environment working group (Ewg), no profit statunitense tra le più influenti al mondo sul tema, ha recentemente rilevato la presenza del butilidrochinone terziario (Tbhq), indicato sulle etichette dei cibi con la sigla E319, in oltre 1250 cibi di note aziende alimentari comprese Kellogg’s, Nestlé e Knorr. Si tratta di prodotti molto popolari negli Stati Uniti, ma venduti anche in Europa, tra cui merendine, crackers e fritti da fast food.

Nella loro ricerca, pubblicata sull’International Journal of Environmental Research and Pubblic Health si fa appello alle agenzie regolatorie ad aggiornare le normative con limiti più rigidi di quelli attuali. Questa sostanza è infatti autorizzata come additivo alimentare sia dalla statunitense Fda che dall’europea Efsa, che ne riconoscono la potenziale tossicità sulla base di dati del 1998, “periodo in cui – avvertono gli studiosi – non era ancora stato dimostrato il legame tra diete ad alto livello di E319 e indebolimento della risposta immunitaria”.

Oggi vi sono infatti evidenze precliniche che documentano un rallentamento dell’attivazione dei linfociti T a opera dell’E319, che a sua volta depotenzia l’eliminazione di infezioni virali dall’organismo. Di fatto, l’additivo rischia di rendere meno efficaci anche i vaccini, fatto che era stato messo in evidenza già nel 2019 da un’altra ricerca. Come si legge su Il Salvagente, Olga Naidenko, Ph.D., vicepresidente di EWG per le indagini scientifiche e autrice principale del nuovo studio ha dichiarato: “Prima della pandemia, le sostanze chimiche che potevano danneggiare le difese del sistema immunitario contro le infezioni o il cancro non ricevevano sufficiente attenzione dalle agenzie di sanità pubblica. Per proteggere la salute pubblica, questo deve cambiare “.

Additivi: perché li usiamo e chi controlla?

Prolungare la conservazione degli alimenti, preservarli da contaminazioni microbiche e decomposizione, migliorarne il sapore, il colore e la consistenza: sono questi gli scopi per cui utilizziamo gli additivi, in particolare per i cibi industriali.

I conservanti rallentano la proliferazione di microbi, gli antiossidanti l’irrancidimento. Esistono anche additivi utilizzati per migliorare le caratteristiche sensoriali e la consistenza degli alimenti: colorantiaddensantiemulsionantidolcificanti ed esaltatori di sapidità. E poi ci sono quegli additivi, come gli antiagglomeranti, che facilitano la lavorazione degli alimenti senza avere alcuna funzione nel prodotto finale.

Tutti gli additivi a uso alimentare subiscono un lungo processo di valutazione della loro sicurezza. In Europa, la valutazione viene effettuata dall’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) e gli additivi autorizzati sono identificati dalla lettera E seguita da un numero. 

A oggi, le ricerche non hanno mostrato, in generale, una correlazione tra lo sviluppo di tumori e il consumo di additivi in quantità limitate. Fanno eccezione però i nitriti e i nitrati, usati come conservanti in particolare in carne e insaccati, a causa delle modificazioni che possono subire all’interno dell’organismo e che possono convertirli in sostanze cancerogene (Gli additivi e i conservanti alimentari aumentano il rischio di tumori? AIRC)

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